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Un affare di Stato. Il delitto Moro e la fine della Prima Repubblica

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Titolo: <strong>Un affare di Stato. Il delitto Moro e la fine della Prima Repubblica</strong></br></br>
Autore: <strong>Andrea Colombo</strong></br></br>
Editore: <strong>Cairo Publishing</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2008</strong></br></br>
EAN: <strong>9788860521446</strong></br></br>

<p>La morte di Moro sarebbe stata decisa sin dall'inizio del sequestro dello statista e niente avrebbe potuto evitarla, questa è la tesi di più ampia circolazione. Diversa invece l'argomentazione di Andrea Colombo che, analizzando il caos di quei 55 giorni di detenzione, ne rintraccia un filo conduttore. Il Pci temeva l'estremismo e la possibilità di un radicamento del terrorismo in una parte della sua base, la De la crisi di governo perché non si sentiva pronta a nuove elezioni le Br pensavano che senza il clamore di quella violenza sarebbero scomparse. A condannare a morte Moro non furono né la ragion di Stato né le necessità rivoluzionarie, ci spiega Colombo, bensì la convenienza politica a breve termine, la meschina "logica di partito". La paura di perdere consenso e potere condizionò tutti: i partiti di governo, il Pci ma anche le Br, che un partito si consideravano e che come tale agirono. Il rapimento e l'omicidio di Aldo Moro furono la conseguenza di un durissimo scontro a sinistra che nel 1978 durava già da dieci anni, e questa "guerra civile" a sinistra ha determinato sia la scelta omicida delle Br, una scelta che gli stessi brigatisti consideravano perdente, sia la rigidità del Pci che di fatto impose alla stessa Democrazia Cristiana la linea della fermezza. Lo scontro finale che si svolse a sinistra nei 55 giorni del sequestro Moro, si concluse senza vincitori.</p>
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Un libro davvero brutto, verboso, noioso, politicamente corretto che non si sbilancia, non prende posizione, non aggiunge nulla di nuovo a quanto conosciuto. E poi l’idea della battaglia politica tra Dc, Pci e Br… E le tante, tantissime cose che non tornano nella vicenda? Via Gradoli, l’agguato di via Fani, Il lago della Duchessa, ecc. ecc.? Ma in che mondo vive Andrea Colombo? Per lui l’Italia degli anni Settanta sembra il paese dei Campanelli. Che peccato… Soldi buttati.

Ma perché Colombo scrive in modo così brutto e contorto? Possibile che la Cairo non abbia un editor che riesca, se non a cambiare la scrittura dell’autore, almeno a dare un ritmo al suo periodare? Non posso dire nulla sul contenuto del libro perché arrivato a metà, all’ennesimo abbiocco, ho lasciato perdere. Ma credo che anche il modo di scrivere voglia dire qualcosa. Libro noioso. Quando cala la palpebra…

Non capisco dove sia l’inutilità di questo libro. E’ ben scritto e documentato e non di parte.

Ma perché Colombo ha scritto un libro così brutto. Era stato invece interessante quello sulla strage di Bologna. Peccato…

un libro davvero inutile