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Rolling Vietnam. Radiografia di una guerra

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Titolo: <strong>Rolling Vietnam. Radiografia di una guerra</strong></br></br>
Autore: <strong>Nicola Gervasini</strong></br></br>
Editore: <strong>Pacini Editore</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2010</strong></br></br>
EAN: <strong>9788863152302</strong></br></br>

<p>Rolling Vietnam narra dell'unica volta in cui la musica non si è solo limitata a raccontare fatti storici, ma ne ha definito gli eventi, contribuendo a scriverne l'epilogo. Narra di patriottismo e dissenso, di eroi mancati come Bob Dylan e miti in esilio come Elvis Presley. Racconta delle speranze di Ho Chi Minh, dell'ostinazione di Lyndon Johnson e dei trucchi di Richard Nixon, di My Lai e Hambuger Hill contemporaneamente al Festival di Woodstock. Attraverso due trasmissioni della radio locale vengono commentate le notizie provenienti dall'Asia, due mondi - quello favorevole all'intervento e quello che contesta le scelte del governo - che si scontrano a suon di canzoni in una guerra mediatica senza esclusione di colpi. Rolling Vietnam è un romanzo e insieme un saggio, un jukebox scritto e una lettura da ascoltare.</p>
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Ho comprato questo libro ad un concerto, direttamente dal suo autore. Confesso che mi aspettavo qualcosa di diverso. Non è un vero e proprio saggio sulla musica nell’era della guerra del Vietnam, ma un romanzo “camuffato” da analisi sociologica. Nicola Gervasini è sicuramente un bravo critico musicale, ma non ha la stoffa del romanziere. Scrive frasi come “quella canzone gli fece trasalire le orecchie” oppure “una cortina di malinconia e crepuscolare tristezza cominciava a calare sulla situazione”. Espressioni che in un qualunque corso di scrittura creativa sarebbero sottolineate con la matita rossa. Il problema non è solo lo stile “scolastico” di scrittura, anche i personaggi mancano di spessore psicologico, sembrano più che altro delle funzioni narrative, non dei caratteri a tutto tondo. Anche il protagonista, David Pry (cioè David il ficcanaso, strano nome) resta sullo sfondo, per non parlare dei due disc jokey che sembrano quasi due macchiette. La mole di dati e informazioni è tanta, ma non c’è niente che non si troverebbe esposto in maniera più approfondita e critica sui libri di storia. Come punti a favore comunque segnalo l’originalità della struttura, anche se la realizzazione non è all’altezza dell’intuizione, e il senso di nostalgia sulla capacità della musica di svegliare le coscienze, ma mi sembra poco per consigliare la lettura del libro.