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Razzo rosso sul Nanga Parbat

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Titolo: <strong>Razzo rosso sul Nanga Parbat</strong></br></br>
Autore: <strong>Reinhold Messner</strong></br></br>
Editore: <strong>Corbaccio</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2010</strong></br></br>
EAN: <strong>9788863800609</strong></br></br>

<p>Scritto di getto nel 1970, all'indomani del più grande successo e della perdita più terribile - la salita del suo primo ottomila e la morte del fratello Günther che con lui aveva raggiunto la vetta del Nanga Parbat questo diario non avrebbe mai dovuto vedere la luce. Almeno secondo il capo spedizione, Karl Herligkoffer, che voleva essere il detentore dell'unica verità sulla "conquista" del Nanga Parbat. E che di fatto per anni accusò Messner di aver tradito lo spirito di gruppo, di non essere in realtà salito in cima, di aver scelto una via di discesa sbagliata e impossibile, di avere trascinato con sé il fratello meno in forma e di averlo abbandonato a morte sicura nei pressi della vetta. Ha taciuto tuttavia i suoi errori, primo fra tutti quello di aver usato un razzo di segnalazione di colore sbagliato, spingendo Messner a intraprendere l'ultimo tratto che lo separava dalla vetta senza attrezzare la via. Per decenni Messner ha urlato la sua verità, portando dentro di sé il dolore per la morte del fratello e per l'ingiustizia subita e solo con il ritrovamento del corpo di Günther, nel 2005, esattamente dove aveva detto che era stato travolto da una slavina, ha potuto ritrovare un po' di serenità. Nel frattempo è diventato il più grande alpinista di tutti i tempi. E ora, dopo quarant'anni, vuole tornare ancora una volta su quell'episodio terribile, con la testimonianza più diretta e immediata: il suo resoconto di allora.</p>
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Libro molto avvincente. Narra i diversi aspetti legati alla stessa vicenda: la grande impresa alpinistica dei fratelli Messner alla conquista del Nanga Parbat (uno dei più insidiosi 8mila), il dramma dei bivacchi in quota e dell’impossibilità di ridiscendere della via di salita, la decisione dei fratelli Messner di mettersi in salvo attraverso l’ignoto versante Diamir, la morte del giovane Gunther (travolto da una slavina ai piedi della parete), l’odissea di Reinhold verso la salvezza. Ottima la scelta di raccontare la vicenda come fosse una sceneggiatura cinematografica, ti fa sentire lì a scalare con gli alpinisti! Il linguaggio chiaro e diretto della prefazione porta alla luce l’infondatezza delle accuse che sono state mosse in seguito verso Reinhold Messner. Dal libro, soprattutto dall’ultimo capitolo, traspare tutto l’amore fraterno di Reinhold per Gunther e il ricordo che ancora oggi li lega. Avvincente, da leggere tutto d’un fiato!

Raccolta dei diari e lettere a casa di Reinhold e Gunther Messner e sceneggiatura di un film mai realizzato sulla spedizione al Nanga Parbat in cui i due fratelli raggiunsero la vetta dall’inviolata parete Rupal e discesero x lo sconosciuto versante Diamir, dove Gunther morì travolto da una slavina. Pubblicato nel 1970, il libro fu immediatamente ritirato x l’opposizione del dispotico organizzatore della spedizione, Karl M.Herrligkoffer, che x contratto aveva obbligato gli alpinisti a non pubblicare nulla sull’impresa, poiché voleva imporre la sua versione. In modo estremamente polemico Messner ribadisce la sua verità: tentò la vetta da solo, raggiunto durante l’ascesa dal fratello, xché ingannato da un razzo rosso erroneamente sparato dal campo base, e discese dal versante opposto xché quella gli pareva l’unica soluzione possibile. Un suo guanto trovato in vetta dagli altri alpinisti e il rinvenimento del corpo del fratello ai piedi della parete Diamir nel 2005 avvalorano la sua tesi. Lo sport estremo necessita di finanziatori, che non sono però le stesse persone che compiono l’impresa, e tutti desiderano fama e visibilità, anche a scapito di altri. L’alpinismo si basa sulla lealtà e la sportività degli scalatori, qualità mai disconosciute all’alpinista sudtirolese, poiché difficilmente le imprese possono essere comprovate, e forse x questo suscita tante polemiche. Dispiace leggere un Messner tanto pieno di risentimento, rancore, e forse rimpianto di non poter più essere, ora, lassù sugli 8000. Non capisco lo scopo di questo libro, in cui Messner racconta i fatti già descritti, in modo più avvincente, ne “La montagna nuda”.