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Massima. Il «Ciriffo Calvaneo» a teatro

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Titolo: Massima. Il «Ciriffo Calvaneo» a teatro

Autore: Antonio Benivieni

Editore: Bulzoni

Pagine:

Anno edizione: 2014

EAN: 9788878709072

Pronipote del più noto umanista neoplatonico Girolamo, il canonico Antonio Benivieni il Giovane ricoprì nella Firenze mediceo-granducale del secondo e tardo Cinquecento incarichi di una certa rilevanza tanto in ambito ecclesiastico, con la nomina a vicario generale dell’arcidiocesi, quanto nel vivace panorama umanistico, arrivando a detenere sia il ruolo di console che di censore presso l’Accademia Fiorentina di cui era membro. Ed è credibile ritenere come proprio durante l’esercizio delle più amene attività accademiche, sottraendosi alle cure vicariali e concedendosi momenti di riposo a salvaguardia della sua da sempre periclitante salute, Antonio il Giovane si sia cimentato in un iter drammaturgico personalissimo, in un agone a distanza con i classici, mediato dalle allora attuali teorie sul tragico, quantunque, nelle sue argomentazioni, accortamente dissimulate. Con tale presa di distanza dai contemporanei discettatori di materia teatrale, il nostro, tacitando il riferimento all’imprescindibile magistero aristotelico, aveva inteso far credere di innestare la propria poetica sul più remoto lacerto concettuale formulato da Gorgia Leontino. L’originalità di tale arbitrio trattatistico, l’impossibilità di un’attribuzione certa delle opere alla creatività del canonico, insieme ad altri aspetti tanto formali quanto presuntamente sostanziali, avevano indotto Vincenzo Follini, che per primo si occupò del codice oggi segnato F.N. II.I.91, conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, a ritenerlo in gran parte una raccolta di opere dell’antenato Girolamo. Quarta di una tetralogia fatta precedere da un Discorso sulla tragedia (di prossima pubblicazione assieme agli altri tre testi tragici), la Massima, come si legge nel proemio, mescola agli escerti desunti dalle cronache degli storici che trattarono del declino dell’Impero Romano, l’allora tanto recente materia romanzesca del Ciriffo Calvaneo, ai giorni nostri, da un competente studioso, ri-assegnata da Luca al più noto fratello Luigi Pulci. La frequentazione indubbiamente intercorsa tra quest’ultimo e Girolamo Benivieni intorno al cenacolo laurenziano, unita alla scarsa diffusione del romanzo pulciano, parvero l’ulteriore ratifica alla conclusione che il transcodificatore di questa tragedia, come probabilmente il creatore delle altre tre, dovesse essere stato l’anziano piagnone. Sennonché, l’intuibile conservazione di una copia del Ciriffo entro la biblioteca della famiglia Benivieni, avrà più tardi permesso al discendente di attingere a un romanzo ricco di spunti drammaturgici da travasare in quello sperimentale ‘ancestro’ che la Massima costituisce non soltanto per la scelta della materia affrontata, ma soprattutto in ordine al trattamento della medesima, in quell’impasto tra romanzo ed egloga, fra tragedia e accenno pastorale, entro un percorso linguistico e sintattico accidentato, ricercato e gergale al contempo, specchio quasi certamente anch’esso di un empirismo al quale l’accademico autore stava sottoponendo la materia drammaturgica prima ancora di codificarne il Discorso.