La vita di Gesù nel testo aramaico dei Vangeli Scarica PDF EPUB
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Devo dire che dal libro mi sarei aspettato qualcosa di più. Molte delle traduzioni dall’aramaico proposte dall’autore sono persino più problematiche dei “passi difficili” del Nuovo Testamento commentati. Il metodo di lavoro del Garcia inoltre non mi convince. In certi casi mi è sembrato che già in partenza l’autore sapesse dove dover arrivare, anche a costo di interpretazioni che ritengo forzate. Tuttavia, alcune (e poche) ricostruzioni proposte dal Garcia paiono ragionevolmente sostenibili. Il testo del NT a noi giunto è solo in greco, anche se sono convinto di una originaria composizione in lingua semitica, almeno per Matteo, Marco e Giovanni, per cui sono dell’idea che sarebbe bene concentrarsi sui manoscritti attualmente disponibili la critica testuale seria (Metzger, Aland) mi ha coinvolto nella lettura molto di più. Per non dire del Carmignac, che ha scritto in maniera autorevole e chiarissima. Insomma, se ci si vuole togliere la curiosità Garcia va bene, ma solo per curiosità non penso che la fede in alcuni dogmi possa venire rafforzata da quanto sostenuto da Garcia, o ci si crede o no, e io ci credo. Medesima considerazione faccio sulla storicità dei passi neotestamentari più difficili. Finché non si troverà almeno un manoscritto in aramaico od ebraico databile al I-II sec. (con fortissime corrispondenze al Codex Vaticanus o al papiro Bodmer XIV) i discorsi come quelli di Garcia restano ipotesi. Ho letto “La morte del Messia” di Brown Raymond E.: l’autore, senza i voli pindarici di Garcia, rende chiari, ove possibile, alcuni aspetti di oscura comprensione mentre talvolta pone dei fondati appunti sulla scontata comprensione di certi passaggi (es. la spugna sul ramo di issopo). Il tutto sulla base di accuratissime analisi storiche e filologiche dei testi greci accolti nel canone
Un lavoro pressappochista e completamente privo di un serio fondamento filologico. Socci ha osato paragonare questo libretto che si preoccupa solo di fare l’apologia di alcuni dogmi cattolici (compresa la venerazione di Maria e il primato di Pietro) al lavoro del grande Carmignac. Se davvero vi interessano le radici semitiche dei vangeli lasciate perdere Garcia e leggete “la nascita dei vangeli sinottici” proprio di Jean Carmignac (ed. San Paolo) che rappresenta una introduzione indispensabile di grande valore scientifico e filologico a questo tema. Peccato che non siano mai stati pubblicati i tre grandi volumi di cui questo doveva essere solo una breve introduzione.
Se proprio si vuole avvallare la tesi della fonte aramaica, torniamo al ben più cauto Carmignac. Di questo libro diremo soltanto: che molti esponenti della scuola di Madrid sono stati espulsi dall’Associazione biblica spagnola che autorevoli riviste esegetiche cattoliche l’hanno stroncato che nelle università pontificie è mal visto che chiunque abbia un minimo di strumenti filologici lo troverà di una boriosa presunzione pari solo alla sua inconsistenza. Questi libri creano uno scompiglio dannoso, non solo non rendono alcun servizio alla vera religione ma, in questi tempi di poche certezze, illudono di poter regalare risposte granitiche aggirando l’umile strada della ricerca e della ragionevolezza. Mentre il magistero e la sana dottrina ribadiscono di seguire «fides ET ratio» ancora una volta è la Chiesa a difendere il ben dell’intelletto.
Ho l’impressione che sentiremo a lungo parlare di questa “scuola di Madrid” , per gli inevitabili risvolti che la tesi della stesura aramaica dei Vangeli avrebbe sulla loro retro-datazione. Se quella di Carmignac restava un’ipotesi affascinante e ben argomentata , qui la chiarezza che alcuni passi enigmatici del testo greco assumono alla luce di quest’ipotesi , la avvalorano ulteriormente. Un esempio su tutti : l’osservazione che i termini “fratelli” e “discepoli” o “collaboratori” sono separati in alcuni passi dalla congiunzione “e” , che può essere anche interpretata come “cioè” ( fratelli cioè discepoli-collaboratori ), fornisce una possibile soluzione ad un dilemma che si protrae da secoli. E sostitutendo il termine “collaboratori” in tutte le altre occorrenze di “fratelli” , il testo guadagna in chiarezza anziché risultare forzato. Oltre che combaciare con l’interpretazione che il termine “fratelli” aveva nelle prime comunità cristiane secondo gli Atti e le Lettere.