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La Venere di Salò

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Titolo: <strong>La Venere di Salò</strong></br></br>
Autore: <strong>Ben Pastor</strong></br></br>
Editore: <strong>Hobby & Work Publishing</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2006</strong></br></br>
EAN: <strong>9788878514201</strong></br></br>

<p>Salò, inverno del 1944. Reduce dall'avventuroso recupero del carteggio Mussolini-Churchill narrato ne "Il morto in piazza", il colonnello Martin Bora si ritrova sulle sponde del lago di Garda come ufficiale di collegamento tra la Wehrmacht e la Repubblica Sociale Italiana. Qui viene subito incaricato da un generale dell'Aviazione di investigare sull'incredibile furto della "Venere di Salò", un preziosissimo dipinto di Tiziano sottratto con troppa facilità dalle sale di una villa requisita dai tedeschi. Mentre Bora inizia ad indagare tra una miriade di personaggi civili e militari, tutti ampiamente sospetti per un motivo o per l'altro, il ritrovamento di tre cadaveri aggiunge una nuova dimensione al mistero: sono tre bellissime donne, apparentemente suicide, ma in realtà (come Bora intuisce da microscopici dettagli) assassinate da un'unica mano omicida. Si tratta di un serial killer oppure questi delitti sono intimamente connessi al furto de "La Venere"? Perché l'assassino lancia messaggi cifrati all'investigatore tedesco, quasi invitandolo ad una partita mortale? E per quale motivo le autorità italiane e germaniche si sforzano di far ricadere i sospetti sullo stesso Bora?</p>
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Non voglio fare il Bastian contrario ma questo romanzo non mi ha preso per niente. Pagine e pagine di noia, molto ben scritto ma noioso ogni umana sopportazione. Sarà il periodo storico che mi affascina poco, sarà l’intricata situazione (per altro non ben resa dall’Autrice), sarà che tendevo ad addormentarmi leggendo….ho faticato moltissimo a leggerlo.

Il solito romanzo della Pastor, poco giallo ma molto storico, non adatto per i giallisti puri. Molto realistica la descrizione della Repubblica di Salò e del suo micromondo. La Pastor anche con questo romanzo ci permette di aprire un squarcio su un periodo buio della nostra storia nazionale. I delitti del serial killer sono chiaramente una scusa per poter mettere in evidenza le fisioniomie, i tic dei vari personaggi, relazionandoli con “l’occupante” Bora. Molto interessante la rappresentazione delle figure degli italiani coinvolti. Da Graziani con i suoi “furbismi

Un compitino scolastico diligente ma nulla più, dal punto di vista della trama: del resto è abbastanza comprensibile che un tale background prenda spesso il sopravvento sul mystery. Eccetto il protagonista, i personaggi, sia quelli realmente esistiti che quelli frutto della fantasia dell’autrice, pur ben delineati hanno sempre un’aria ingessata, più da nota a piè di pagina di un saggio storico che da carne viva di romanzo. Le scene migliori l’incipit e il capitolo finale.

Radiografia dei 600 giorni di Salò, bella forte e senza sconti. Nella prima parte sembra che partigiani e nazisti siano pericolosamente simili, ma andando avanti ci si accorge che il discorso è un po’ diverso: non è che il sadico partigiano Cristomorto sia uguale al sadico colonnello Kappler è solo la disperata ferocia della resa dei conti della guerra (siamo nell’inverno 1944) che li rende simili. Per di più, nell’ultima parte (la soluzione del giallo) troviamo anche una specie di visione profetica del futuro: l’Italia liberata e democratica sarà gestita da uomini per tutte le stagioni come il cavalier Pozzi, un personaggio che forse anticipa cavalieri più recenti… alla faccia di chi è morto in montagna, da una parte e dall’altra.

C’è una cosa più di altre che mi piace di Martin Bora (a parte gli occhi da gatto): è un eroe possibile per tempi impossibili. Come il 1944. Come oggi.