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La vegetariana

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Titolo: <strong>La vegetariana</strong></br></br>
Autore: <strong>Han Kang</strong></br></br>
Editore: <strong>Adelphi</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2016</strong></br></br>
EAN: <strong>9788845931215</strong></br></br>

<p><br><b>La scrittura cristallina di Han Kang esplora la conturbante bellezza delle forme di rinuncia più estreme, accompagnando il lettore fra i crepacci che si aprono nell'ordinario quando si inceppa il principio di realtà – proprio come avviene nei sogni più pericolosi. </b><br><br> <i>«Io non lo sapevo. Pensavo che gli alberi stessero a testa in su... L'ho scoperto solo adesso. In realtà stanno con entrambe le braccia nella terra, tutti quanti. Guarda, guarda là, non sei sorpresa?» Yeong-hye era balzata in piedi e aveva indicato la finestra. «Tutti quanti, stanno tutti a testa in giù.» Era scoppiata in una risata incontenibile, e a In-hye erano tornati in mente alcuni momenti della loro infanzia in cui la faccia della sorella aveva esattamente la stesa espressione. Momenti in cui i suoi occhi dalla palpebra singola si restringevano e diventavano completamente neri, e dalla sua bocca prorompeva quella sua risata innocente. «Sai come l'ho scoperto? Be', ho fatto un sogno, e stavo sulla testa... Sul mio corpo crescevano le foglie, e dalle mani mi spuntavano le radici... E così affondavo nella terra. Sempre di più... Volevo che tra le gambe mi sbocciassero dei fiori, così le allargavo le divaricavo completamente...» Sgomenta, In-hye aveva guardato gli occhi esaltati della sorella. «Devo dare acqua al mio corpo. Non ho bisogno di questo genere di cibo, sorella. Ho bisogno di acqua.»</i><bR><bR> «Ho fatto un sogno» dice Yeong-hye, e da quel sogno di sangue e di boschi scuri nasce il suo rifiuto radicale di mangiare, cucinare e servire carne, che la famiglia accoglie dapprima con costernazione e poi con fastidio e rabbia crescenti. È il primo stadio di un distacco in tre atti, un percorso di trascendenza distruttiva che infetta anche coloro che sono vicini alla protagonista, e dalle convenzioni si allarga al desiderio, per abbracciare infine l'ideale di un'estatica dissoluzione nell'indifferenza vegetale. La scrittura cristallina di Han Kang esplora la conturbante bellezza delle forme di rinuncia più estreme, accompagnando il lettore fra i crepacci che si aprono nell'ordinario quando si inceppa il principio di realtà – proprio come avviene nei sogni più pericolosi.</p>
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Il titolo in effetti è fuorviante. Nella mia lettura però, il focus del romanzo non è sulle scelte alimentari della protagonista. Il rifiuto della carne è solo il primo passo per dichiarare la propria estraneità rispetto a modelli di comportamento e regole sociali che sono vissuti come una gabbia. Yeong-hye ambisce ad abbandonare lo status di essere umano per passare ad una forma vegetativa, diventare albero che si nutre solo di luce e acqua. Il sogno è l’elemento scatenante, ma nel proseguo della narrazione il fattore decisivo pare essere il passato familiare e matrimoniale, quanto mai arido sul piano affettivo. Sorella e cognato vivono un disagio simile per motivi diversi, sono perturbati dall’esempio di Yeong-hye, ma convogliano il desiderio di fuga verso pulsioni di morte. Il romanzo, apprezzabile sul piano dello stile, resta aperto a molteplici interpretazioni. Per certi versi, mi ha ricordato alcuni vecchi testi di Ballard, quelli in cui si esplorava il cosiddetto inner space.

Questo libro, letto mesi fa mi ha fatto decisamente girare le scatole, perché tratta in modo del tutto fuorviante e antipatico il tema del veganismo, visto dall’autrice - che essendo sud coreana non deve avere mai conosciuto un vegano dalle sue parti, e non si è data pena di informarsi seriamente su chi siano i vegani e cosa voglia dire essere vegani- come una malattia mentale che inizia prima come ortoressia per finire in schizofrenia. Libro peraltro acclamato dalla critica..ma dico, vogliamo scherzare davvero? E’ oltraggioso anche solo pensare che chi fa una scelta etica -questione anche questa che non sfiora l’autrice manco per sogno, figuriamoci- debba essere dipinto come un povero malato di mente solo perché chi ha scritto il libro è condizionata dalle sue pessime opinioni riguardo all’ alimentazione alternativa alla carne e derivati. Che poi il libro è anche bello, ha delle scene molto forti e che come vegana ho veramente letto con dolore, ed è scritto molto bene, ma solo per l’ignoranza dimostrata dall’autrice su un tema tanto importante al giorno d’oggi quanto delicato da trattare con cura e solide basi informative, gli do il voto più basso che c’è. P.S. Il titolo persino è fuorviante, trattasi di protagonista vegana, non vegetariana. Scelta editoriale infelice ma credo sia stato fatto perché i vegetariani sono più numerosi dei vegani in Italia e si hanno più info su di loro.