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La pianista

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Titolo: <strong>La pianista</strong></br></br>
Autore: <strong>Elfriede Jelinek</strong></br></br>
Editore: <strong>Einaudi</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>1991</strong></br></br>
EAN: <strong>9788806126278</strong></br></br>

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Video incorporato · 4) Backhaus Wilhelm. Wilhelm Backhaus (Lipsia, 26 marzo 1884 – Villach, 5 luglio 1969) è stato un <strong>pianista</strong> tedesco. Certamente uno dei più grandi 
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La trama è semplice una donna Erika, non più giovane, vive prigioniera della madre. La sua vita è scandita dalla musica di Bach e Schubert, dalle lezioni impartite a studenti mediocri. Improvvisamente, una nascente storia d’amore sembra rappresentare il riscatto,la fuga da una dimensione masochista e violenta. Il libro è bello, scritto in modo diretto e con un linguaggio spesso forte. Nessun dialogo, la storia rappresenta solo il punto di vista di Erika sebbene sia narrato in terza persona. Elfriede Jelinek è stata stato designata Premio Nobel per la letteratura 2004, la motivazione dell’Accademia Svedese: “per il fluire musicale di canto e contro-canto nei romanzi e nei drammi che con straordinario ardore linguistico rivelano l’assurdità dei clichés della società contemporanea e il loro potere soggiogante”. Da questo libro, il regista Michael Haneke ha tratto un film dallo stesso titolo, interpretato da Isabelle Huppert ed Annie Girardot (premiato a Cannes nel 2001)

Pur avendo sentito parlare di questo libro, mi sono decisa a leggerlo solo dopo aver visto il film realizzato da M.Haneke. Il film è davvero mal fatto, al limite dell’inguardabile, tuttavia il soggetto mi ha letteralmente stregato. E ciò mi ha permesso di scoprire un libro splendido,che ho attentamente sottolineato nelle parti migliori. La scrittrice si colloca nella recente letteratura austriaca, sin dal primo momento l’ho infatti mentalmente accostata alla Bachmann, anche se le differenze sono spiccate. Colta, artisticamente impegnata, la Jelinek racconta una storia di una densità che travolge, che inonda e non lascia il minimo spazio a nessuna forma di leggerezza. Tutto è pesante: la vita di Erica Kohut, le vie di Vienna, le vetrine dei negozi, il Prater, i pensieri occulti delle persone che si incontrano per strada, il rapporto schiavista che Erika ha con la madre, l’amore troppo amore e il sesso troppo sesso. Ogni parola del libro, così come ogni contenuto che descrive, affonda con profondità nel lettore e lo trascina dentro la sofferenza di questo devastato interno viennese. In esso si muovono personaggi colpevoli di vivere vite assurde: Erika Kohut è vittima-complice del delirante rapporto con la madre, che continua a picchiarla e a farla dormire nel suo letto matrimoniale come se fosse una bambina. Ma anche Walter Klemmer, allievo al conservatorio di Erika e suo spasimante, è a sua volta vittima del delirio sadomasochista che Erika vorrebbe imporgli, e diventa in breve tempo il suo secondo carnefice. La violenta, implorandogli di amarlo, nell’ingresso dell’appartamento delle due donne. “Può tutto questo avere a che fare con la civiltà?” si chiede il narratore. Con ciò la Jelinek non impone alcun giudizio, e nemmeno potrebbe, perchè in questa sua storia non c’è un bene ed un male, e sembra quasi che ad essere in torto siamo noi che osserviamo dall’alto lo strazio indicibile della vita di Erika e Walter senza riuscire a provare nient’altro che pietà. Lo stile è duro, ‘petroso’, ma profondamente e c