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Juggernaut. Terminal war. La guerra conclusiva è cominciata

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Titolo: <strong>Juggernaut. Terminal war. La guerra conclusiva è cominciata</strong></br></br>
Autore: <strong>Alan D. Altieri</strong></br></br>
Editore: <strong>TEA</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2013</strong></br></br>
EAN: <strong>9788850231355</strong></br></br>

<p>La guerra è finita. Così è scritto su un monumento battuto dalla pioggia tossica, davanti a un edificio-simulacro. Non ci sono vincitori, dopo la guerra, non ci sono vinti, soltanto vittime. In un mondo in cui un'unica mega-corporazione chiamata Gottschalk possiede il dominio assoluto, la guerra, semplicemente, è diventata finanziariamente inutile. Un mondo senza più Stati, senza più nazioni, senza più eserciti. Un mondo dove le città sono "ecumenopoli", metastasi urbane da decine, a volte centinaia di milioni di abitanti, nelle quali "chi ha vive, chi non ha muore". Luoghi dove le scintillanti "enclaves" dei potenti sono assediate dalla tenebra delle "undercities" dei reietti, nelle quali l'unica legge è quella della strada. Perché la fine della guerra non significa affatto il tramonto della ferocia. Qualcuno, là fuori, continua a combattere. Sono gli Hunter/Killer, gli ultimi guerrieri, reliquie di un passato cancellato, araldi di un futuro di morte annunciata. E qualcun altro, dall'interno di un nucleo ad altissima tecnologia, ha bisogno degli Hunter/Killer. Un'entità subdola e multiforme decisa a individuare il guerriero terminale, ovunque esso si trovi. Sulla Terra, la guerra è finita, certo. Ma da qualche parte, in qualche "altro" luogo, c'è un nuovo nemico. In attesa. In agguato.</p>
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Mi trovo pienamente daccordo con i precedenti giudizi. Linguaggio esasperato, trama inconcludente. Una volta entrati nell’ambientazione la trama acquista anche un certo ritmo e l’azione è sicuramente di effetto. Nel complesso non mi ha però soddisfatto.

Anch’io ho faticato a finirlo e l’ho fatto solo per rispetto e per la considerazione che ho sempre avuto per Altieri (tra l’altro mio omonimo e coetaneo). Confesso che non sono nemmeno riuscito a capire il ruolo dei vari personaggi, neanche a distinguere coloro che appartenevano ai “cattivi” e quelli per i quali parteggiare, che dovrebbe essere una delle prime cose che si fanno quando i libri si leggono con partecipazione. Ho trovato esasperato anche il linguaggio e soprattutto l’uso degli aggettivi ricorrenti e pure il tecnicismo e le sigle. Finché si trattava di episodi, c’era sempre la speranza che il successivo fosse più alla portata, ma con un unico racconto neanche questo è stato possibile! Mi preoccupa l’annunciata continuazione, forse un altro libro da prendere malvolentieri! Con tutto l’affetto per l’autore, non lo posso consigliare a chi vuol leggersi un normale romanzo o thriller

Lo stile Altieri portato all’eccesso. Questo romanzo non ha nulla a che vedere con gli altri capolavori dell’autore, come “Città oscura” o “L’uomo esterno