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Il mangiatore di pietre

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Titolo: <strong>Il mangiatore di pietre</strong></br></br>
Autore: <strong>Davide Longo</strong></br></br>
Editore: <strong>Fandango Libri</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2012</strong></br></br>
EAN: <strong>9788860442734</strong></br></br>

<p>Dalle acque di un torrente in fondo a una scarpata, in una valle del Piemonte, affiora il cadavere di un uomo: qualcuno lo ha fulminato con due colpi di fucile. Il corpo è quello di Fausto, trentenne pregiudicato. A ritrovarlo è Cesare, che tutti chiamano il Francese perché ancora bambino fu costretto a emigrare a Marsiglia. Tornato alle sue montagne, ha ereditato dallo zio un "mestiere" antico, tutt'altro che legale. Un mestiere fatto di risalite notturne, silenzi, fatiche. Cui ha iniziato, giovanissimo, proprio Fausto. Inizia con un omicidio, come ogni giallo che si rispetti, ma in questo romanzo il delitto è il modo per far emergere i rapporti tra le persone, le amicizie, gli odi e i tradimenti di una piccola comunità. Funziona proprio perché il delitto, con i suoi portati di esagerazione, non è lo scopo, il fine del racconto, ma una forma necessaria che non prevarica mai i personaggi. La lingua è asciutta come la storia che viene raccontata, le frasi sono brevi e secche, la trama si svela nei silenzi e nel non detto.</p>
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Lettura gradevole, prosa gentile, trama discretamente costruita. Non un libro indimenticabile, ma valido.

Quello di Daniele Longo è un libro romantico, delicato una storia che ci narra di un mondo che finisce senza lasciare eredi dietro di sè. È il mondo dei contrabbandieri, dei “passatori”, che hanno popolato la storia delle popolazioni di confine sulle Alpi. Il procedere della sua narrazione è quello dei montanari che salgono i sentieri che attraversano le valli e questa apparente lentezza ci permette di sentirci nella storia. I protagonisti sono due: Cesare, il Francese, con tanti anni di esperienza sulle montagne ma che aveva abbandonato questa attività, e Sergio, un giovane con la voglia di andare via, un sogno che viene rappresentato dal bisogno di conoscere la madre, di cui sa poco, e che lavora a Marsiglia. Il vecchio e il nuovo nel momento di passaggio, della trasformazione. Il pretesto narrativo è dato dalla scoperta del corpo di un uomo assassinato. Un uomo che si rivelerà come Fausto, uno dei nuovi passatori, non di quelli romantici del passato, ma uno che non si fa scrupolo di collaborare con la nuova malavita. Il paese accoglie questa notizia seppellendola nel silenzio. Solo i due protagonisti vengono trascinati verso il compimento del loro destino dal rinvenimento di quel cadavere. A loro si unisce la commissaria di polizia che cerca di rompere quell’omertà e di stabilire un rapporto con Cesare, ma il suo è e resta un corpo estraneo che non potrà cambiare il compiersi degli eventi.

Di x se’ qs libro mi ha conquistato e l’ho letto tutto d’un fiato , xo’ mi ha lasciato un senso di vuoto , di mancanza di parti importanti che il lettore non puo’ solo immaginare . Troppo scarna e troppo finta la storia tra Cesare e l’ispettore , ma veramente l’autore pensa che ql sia amore ??? Giudizio medio , viste le basi poteva fare di piu’ .D.

Un libro particolare come il suo autore. Non lo trovo “riuscito” perchè a mio modo di vedere il “fissato” Davide Longo a forza di sottrarre alla pagina ha tolto troppo. La sua prosa secca fatta di continui stacchi, di pochi abbozzi e di molto lasciato all’immaginazione, a tratti si allarga per concedersi qualche similitudine molto bella e intelligente,ma il risultato di tutto ciò è una notevole MANCANZA DI FLUIDITA’ del testo. La lettura non scorre bene, si fatica a tenere la concentrazione e questo non dovrebbe succedere visti gli intenti di partenza dell’autore, che vorrebbe appunto togliere tutti gli eccessi. E’ un peccato perchè Longo ha talento, ma si è convinto che le parole possano diventare rumore e scarnifica tutto. Lui cita C. McCarthy come suo riferimento, come uno scrittore che toglie il superfluo, che lavora per sottrazione… beh, non direi: a volte McCarthy parte con le sue divagazioni naturali e quasi mistiche e non si ferma subito… e vi è da dire che sono proprio queste parti a fare di lui un Fenomeno. Longo ha scritto questo breve romanzo con uno stile “anticato

La storia è pressappoco questa: un uomo con un lavoro particolare viene trovato cadavere in un torrente. L’uomo che l’ha trovato si sente in colpa. Un commissario vuole scoprire cos’è successo. Un ragazzino sta diventando adulto. In questo libro tutto è freddo, silenzioso, inquietante. I personaggi si muovono cauti, sembrano quasi sospesi. Sospesi tra la vita e la morte, tra giusto e sbagliato. Non sono riuscita a capire bene quando è ambientata la storia, ma dalle (pochissime) date che piazza l’autore mi pare che siamo circa verso la fine degli anni ottanta. Particolare forse poco importante dato che ho avuto l’impressione che Longo abbia voluto scrivere un romanzo “classico”.Le idee sono buone, i significati piuttosto profondi - anche se forse non sviluppati a dovere. Ma ha assunto un leggero tono presuntuoso che non mi ha rapita. La sua scrittura è invadente. Sembra che voglia dimostrare quanto è bravo. Questo suo romanzo ha il sapore di un qualcosa scritto appositamente per colpire, per stupire, per essere ricordato… e per vincere qualche premio. Mi ci sono voluti alcuni capitoli per entrare in sintonia con il suo modo di narrare. Uno stile asciutto, denso di frasi corte, frammentate. A tratti addirittura slegate tra di loro. Un andare a capo molto frequente. E poi, di colpo, descrizioni attente e minuziose per un piccolo particolare scenico, con un risultato abbastanza suggestivo. Non l’ho trovato di semplice lettura. A volte mi sono distratta, ma non perché fosse noioso ma perché ogni frase è stata pesante come un macigno, densa di significati. Ho trovato delle frasi molto belle, delle similitudini azzeccate, quasi dei veri e propri quadri. Ma forse manca una prosa che inviti alla lettura, così slegato il libro risulta poco scorrevole. Sta sicuramente cercando il suo stile,ma forse un po’ meno attenzione alla singola parola e un po’ di più al lavoro completo gli avrebbe giovato. Non mi è piaciuto alla follia ma dalle pagine vien su tanta passione per la parola scritta. E si vede che sa scrivere.