Il giocattolaio Scarica PDF EPUB
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Comprendo benissimo ciò che intendono altri lettori: questo libro fa paura, quella vera, quella che attanaglia la gola. L’angoscia e l’orrore sembrano trasudare dai muri delle abitazioni fatiscenti e spettrali del quartiere, l’intera storia ne è permeata. Adulti e ragazzi qui appartengono a due universi differenti, lontani anni luce l’uno dall’altro, il cui unico punto di contatto è un bambino mai cresciuto imprigionato nelle sembianze di un adulto. Il senso di impotenza e solitudine provato dai ragazzini abbandonati a loro stessi è opprimente, devastante, disperato, tale da lasciare scossi e sgomenti. Anch’io sono rimasta ipnotizzata da questo romanzo, e spero di aver modo di leggere altre opere di Stefano Pastor.
Nonostante le alte valutazioni che si trovano nelle altre recensione, non posso che dissentire. Si sente che questo è il primo romanzo dell’autore a causa di uno stile di scrittura ancora acerbo, ma il vero problema è la storia in sé e l’intreccio narrativo. Sebbene la prima metà del romanzo possa anche funzionare, nella seconda parte è uno sfacelo. Situazioni inverosimili e assurde costellano lo svolgimento della storia. Personaggi isterici, che agiscono in maniera sconsiderata e contro il buon senso. Non è un thriller, non è un giallo, non è un horror. E’ un libro che cerca di avvicinarsi a uno (o a tutti e tre) di questi generi ma manca il bersaglio. Titolo fuorviante e non inerente alla storia. L’esordio narrativo di Pastor è un buco nell’acqua.
Era da diverso tempo che non mi imbattevo in un libro realmente in grado di colpirmi. La premessa è che non lo considero assolutamente un horror, come pure è catalogato, quanto un romanzo di più ampio respiro. C’è l’orrore, certo, ma è quello della realtà spesso tristemente quotidiana. Non mi riferisco tanto agli assassini, che pure popolano la nostra cronaca nera ogni giorno, quanto ad una realtà di bambini abbandonati a loro stessi, nel migliore dei casi ignorati dai genitori e nel peggiore costretti a crescere in un ambiente famigliare violento e senza speranza. Prima de “Il giocattolaio” avevo letto molti altri libri, tra cui alcuni oggettivamente di livello superiore per pura scrittura. Questo libro stilisticamente non è eccelso: lo stile dell’autore è globalmente buono - scorrevole e diretto - però pecca di paragrafi spesso troppo brevi e un lessico fin troppo semplice. Ma, pur senza essere incantata da uno stile di scrittura fluido e complesso, sono comunque rimasta scossa da questo libro. Una sensazione che va oltre il giudizio tecnico, si tratta di puro sentimento. Non mi succedeva da anni di empatizzare in modo così intenso con dei personaggi: l’irrequieta e aggressiva Mina e il fragile Marco schiacciato da una realtà più grande di lui e ingiustamente oscura. Sono stata male per loro, ho seguito le loro vicende con crescente tensione mentre, con naturalezza, apprezzavo anche tutti gli altri personaggi e rimanevo piacevolmente sorpresa dai notevoli colpi di scena riguardanti l’assassino. Nonostante fosse notte fonda e crollassi dal sonno ho letto le ultime cento pagine una dopo l’altra, assolutamente incapace di contemplare la possibilità di posare il libro e finirlo il giorno seguente.
Un inizio lento, lentissimo, quasi sconfortante, poi il ritmo si fa un poco più intenso, non vengono risparmiati colpi di scena, ma le situazioni descritte non sempre sono credibili. Porta il lettore nel mondo dei ragazzini vissuti per strada, abbandonati a se stessi e ai pericoli in cui possono incautamente incappare, calcando un poco la mano su questi ultimi. Trovo che il titolo non si addica al contesto, anzi, a lettura ultimata, lo ritengo fuorviante.