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Confessioni di una squartatrice

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Titolo: <strong>Confessioni di una squartatrice</strong></br></br>
Autore: <strong>Håkan Nesser</strong></br></br>
Editore: <strong>TEA</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2016</strong></br></br>
EAN: <strong>9788850242450</strong></br></br>

<p>L'ispettore Gunnar Barbarotti non è più lo stesso. Non è facile concentrarsi sul lavoro quando la mente è lontana, persa nel dolore di una tragedia personale dopo la quale sembra impossibile rimettersi in piedi. Forse per riguardo nei suoi confronti, il commissario Asunander gli affida un cold case, un caso all'apparenza semplice, vecchio di cinque anni: la sparizione di un uomo che si era allontanato in moto dalla sua casa di campagna per non farvi più ritorno. Il suo corpo non è mai stato ritrovato, e l'unica indiziata non ha mai confessato. Perché i sospetti si sono concentrati tutti su di lei, ovviamente: la convivente, una donna nota alle cronache come la Squartatrice, che in passato aveva ucciso e fatto a pezzi il marito violento. Un delitto per cui aveva pagato con undici anni di prigione. Due uomini scomparsi, a vent'anni di distanza, legati alla stessa donna: è possibile che dopo aver scontato la sua pena ed essersi rifatta una vita, la Squartatrice sia tornata alle "vecchie abitudini", che sia dunque un'assassina seriale? E perché il commissario Asunander vuole rivangare proprio adesso, alle soglie della pensione, un caso che sembrerebbe già risolto? Solo per sgombrare la scrivania dal lavoro inevaso, oppure perché è convinto che a Barbarotti faccia bene tenersi impegnato? O invece la vecchia volpe è mossa da altri dubbi e da altri fini...? Incoraggiato dalla collega Eva Backman, che lo sostiene da un'amorevole e rispettosa distanza, Barbarotti inizia a fare domande...</p>
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Håkan Nesser (Kumla, 21 febbraio 1950) è uno scrittore svedese di romanzi polizieschi. Ha insegnato lettere in un liceo e dopo il successo ottenuto dai suoi primi 
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Direi pessimo…ma solo per stima. Il peggior romanzo di Nesser. Il personaggio di Barbarotti non ha mai decollato, non solo in questo libro, anche nei precedenti della serie impietoso l’accostamento a Van Vetereen, il protagonista dell’altra serie poliziesca di Nesser. Questo romanzo è brutto perché la trama è banale, sembra recuperata da feuilleton d’inizio novecento, una figlia di cui non si sapeva l’esistenza, una società segreta femminile, vecchi ricordi di scuola… il finale è già (quasi) scontato sin dall’inizio (a parte un improbabile colpo di scena finale) ed il commissario o ispettore Barbarotti è un poliziotto “perdente” Risulta sempre in tono minore rispetto ai due colleghi, è sballottato dai problemi familiari ed è sempre succube di qualcuno. E personalmente aborro che in un romanzo poliziesco l’aspetto familiare sovrasti quello investigativo. Brutto passo falso per uno scrittore che sin qui è quasi sempre stato ben sopra la media, chi vuol leggere questo libro legga prima gli altri perché se inizia con questo l’autore sarà cestinato.

L’ispettore Gunnar Barbarotti, della polizia di Kymlinge, Svezia, affranto x la recente morte della moglie, è incaricato di indagare su un vecchio caso. Arnold Morinder è scomparso cinque anni fa dalla sua casupola di campagna in riva a un lago. Lo scooter con cui si è allontanato è ritrovato in una palude poco distante, ma di lui si è persa ogni traccia. C’è però un particolare inquietante: la sua convivente Ellen Bjarnebo anni prima ha ucciso il marito violento a martellate, e ha disperso i pezzi del suo corpo in un bosco. Ha confessato, ha scontato anni di prigione, ma ha sempre negato il suo coinvolgimento nella scomparsa di Arnold. La storia è molto lenta, si aspetta un punto di svolta che non arriva, la suspense è tutta nei flashback della squartatrice. Ci sono due colpi di scena finali, uno largamente scontato fin dall’inizio, l’altro imprevedibile ma del tutto improbabile: solo nei libri il colpevole rende piena confessione spontanea e immotivata. Non è neppure un giallo: è un trattato sulla depressione e sull’elaborazione di un lutto. Barbarotti è disperato x la scomparsa della moglie, ma è terribilmente noiosa la storia di un amore infranto, quella che gli ubriachi raccontano al bar. Gunnar però non beve, e il suo psicanalista non gli ha prescritto il Valium o il Prozac, x cui è ossessionato dal ricordo di Marianne, con tanto di apparizioni oniriche e colloqui con Gesù Cristo. La depressione è una malattia debilitante, vuoto di pensieri e d’interessi, incapacità di reagire, ma il tormentone proposto da Nesser è insopportabile. Colpisce la somiglianza di situazioni con “La costola di Adamo” di Manzini: c’è un vedovo affranto, una moglie maltrattata, una vendetta, un’amica solidale, un investigatore sensibile. Difficile dire se sia una coincidenza, o se un autore si sia ispirato all’altro. Non mi piace la prepotenza di Schiavone, ma l’abulia di Barbarotti è esasperante, inaccettabile x un poliziotto. E’ una noiosa apologia di legami familiari malati.

Tra i tanti libri così amati di Hakan Nesser, questo è quello che più mi ha avvinto, e deliziato. Una storia sospesa tra fantasmi della memoria e nebbie del presente, raccontata con linguaggio sapiente e fluido, da uno scrittore in stato di grazia. Bellissimo.

Che libro……. Nesser Håkan non tradisce mai.

Capisco chi non ha apprezzato più di tanto questo romanzo, è il primo che leggo di questo autore e incuriosito leggerò i titoli citati da altri commentatori. Mi pare però che pur andando un po’ sopra le regole del fatidico patto “autore/lettore” le vicende siano intriganti e seppur con qualche passaggio non fluido, non possano che coinvolgere e accelerare la lettura per vedere come va a finire, che è poi quello che importa, o no?