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Buoni e cattivi. Le pagelle con il voto ai personaggi conosciuti in 50 anni di giornalismo

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Titolo: <strong>Buoni e cattivi. Le pagelle con il voto ai personaggi conosciuti in 50 anni di giornalismo</strong></br></br>
Autore: <strong>Vittorio Feltri,Stefano Lorenzetto</strong></br></br>
Editore: <strong>Marsilio</strong></br></br>
Pagine: <strong></strong></br></br>
Anno edizione: <strong>2014</strong></br></br>
EAN: <strong>9788831718479</strong></br></br>

<p>Mezzo secolo di politica, economia, cultura, costume, cronaca, spettacolo e sport. Mezzo secolo di personaggi conosciuti da vicino oppure osservati da lontano: pontefici, presidenti, premier, ministri, leader di partito, magistrati, imprenditori, editori, giornalisti, attori, conduttori televisivi, artisti, campioni, galantuomini e criminali. Vittorio Feltri segna buoni e cattivi sulla lavagna della storia. Ne esce un catalogo umano in ordine alfabetico dettato dalla memoria, compilato insieme a Stefano Lorenzetto, che nel 2010 aveva intervistato Feltri ne "Il vittorioso". Con tanto di voti in pagella, da 1 a 10, come usava un tempo sui banchi di scuola. Solo che qui gli alunni si chiamano Papa Francesco, Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi, Beppe Grillo, Gianni Agnelli, Giulio Andreotti, Bettino Craxi, Umberto Bossi, Antonio Di Pietro, Enzo Biagi, Daria Bignardi, Adriano Celentano, Fiorello, Riccardo Muti, Gino Bartali, Pietro Pacciani... I buoni? Da Oriana Fallaci a Indro Montanelli. Voto: 10. I cattivi? Da Camilla Cederna a Gianfranco Fini. Voto: 2.</p>
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Il libro è godibilissimo, scritto bene e spesso dice delle verità non superficiali. Feltri, come Montanelli, è un anarchico conservatore, incapace di adagiarsi su luoghi comuni e di coltivare giudizi faziosi. Ha scelto di fare rapidi, ma sapidi e veridici ritratti del piccolo mondo dell’Italia dell’ultimo cinquantennio, di cui poteva parlare per diretta conoscenza, e ne sono venuti fuori usi, costumi, virtù (poche) e vizi (molti) di un mondo in decadenza. L’unico difetto che vorrei segnalare è che troppo spesso, nel tracciare i brillanti ritratti dei personaggi, si è abbandonato ad inutili dettagli di retrocucina giornalistica, di cui il lettore poco sa e nulla gl’importa.

Feltri è un bravo giornalista, lo sappiamo tutti! Perché allora ha sentito il bisogno di scrivere un libro in cui non perde occasione per lodarsi e autoincensarsi? Il troppo, si sa, storpia e rende il libro un po’ pesantuccio causa questa continua autoreferenzialita’. Il linguaggio usato è spesso volgare, inutilmente.